Notturno in Alpe
(Novembre 1987)
| ||
Di novembre un viandante varcava l’Appennino in un viaggio iniziato al calar del sole, da Arezzo a Città di Castello.
Valicò due gioghi e percorse la Valnestorina. | ||
Tuona d’Arezzo l’eco di una tromba 1 verte il viandante al passo de l’altura e inizia il gir senza gravar che incomba, | 3 | |
l’animo è fermo e a oriente la pastura sale già l’alpe, e fa lontana Arezzo varcando il monte nel suo giogo, al mezzo. | 6 | |
Ulivi, pini, cipresseti, faggi, infin la sella, poi la valle bruna onde recedi de’ li tui passaggi, | 9 | |
gela la brina e affronti la fortuna, vespero è l’aere e l’ombre salgan suso tristi segnanti il vivo dì conchiuso. | 12 | |
Poi il pian del pero, e il valico distante nuovo l’attende all’imbrunir, lontano vede una casa accesa sul versante | 15 | |
per quel remoto accosto del montano; punto radioso, si levaa sì bella dinanzi al costo perché era una stella. | 18 | |
Ormai è la notte e il fosco e tenebroso bosco, in salir, proietta ombre e paure e, allontanante, un incerto riposo. | 21 | |
A ogni fruscìo un demonio con la scure, la strada è ignota e già da un’ora sale con l’incertezze che all’agir fan male. | 24 | |
Tre giri e alfine segnarìa il bel passo ove la luna è sorta e donde tieni Castelfiorente dar di lustro al basso, | 27 | |
più in là i costài pria d’Arezzo, onde vieni, contorni neri al suggestivo cielo ove, i bei raggi, danno argenteo gelo. | 30 | |
di là la scesa ove la luna manca e un cane, al nero, mi rincorse allora sospetto e irato per la coltre bianca | 33 | |
ch’io presentavo e a lui e ad un altro ancora “Nrishinga”- dissi- continuando il Canto, con la fermezza di saper cotanto. | 36 | |
Erano due, ma ne venner fuggiaschi, neri indistinti alla selva men fida, torti a magione u’son guai se ci caschi, | 39 | |
qual di quel giusto che per Dio s’affida m’immersi al torvo in reiterar versante pell’altra china di montan sembiante. | 42 | |
Di qua è l’inferno, la via scende, scende, non vedo strada, frasca, fosso, roccia, non vedo luna che pallor distende, | 45 | |
non vedo lumi o veste 2 uman che alloggia per la distanza di una valle intera nel pesto cantico che buio impera. | 48 | |
Cantavo flebile e di cuor congiunto, il mio coraggio ne era già passato per altre simili avventure spunto | 51 | |
e traversante col favòr del fato; la via tornava e rivolgeva a fiate scendendo al suono dell’acque versate; | 54 | |
notturno e infine nuovo pastorale il Canto mio vagava nella notte verso levante e via verso un finale, | 57 | |
già di Perusia ne eran chiar le rotte dal novo piano, giù alla secca brina, snodante al corso che va in Tiberina. | 60 | |
Il mite guardo della luna amica mi garantìa franchigia, esito e sbocco, sfociante al fluir della fiumana antica; | 63 | |
borgo su borgo e pieve dopo arrocco vidi venire e indar di quel cadente passo ritmante il Decantar sirvente. | 66 | |
Volterran, Morra, Ronti, La Badia, Lugnano ancora e Bovio, pria del poggio che dea di gualdo alla zelata via, | 69 | |
tristo ne tempro e nella prece moggio mi si facea nel corpo sì riflesso del fievolmente mio mental regresso. | 72 | |
Tetra la sera ed oramai sì infìma, la mia magione giace ancora lungi e il piede mio se ne arrossa la cima; | 75 | |
“Di tue funzion più a sicurar non fungi” -pensommi Krishna- e provvido, al trapasso di mia possenza venne a me giù in basso. | 78 | |
Un uomo disse e si fermò con l’auto, “vieni, ti porto a San Secondo al borgo, sono otto chilomètri ma fai cauto | 81 | |
di risalir l’aiuto ch’io ti porgo ed io salii e venimmo a le case dove destino dié l’estrema fase. | 84 | |
Di giù da l’auto ringraziai sovente prima il latore, e poi che questi reìva il mio Tutore che prevede e sente | 87 | |
ogni cammino di compagna jiva, qua e là, dovunque, ai tenebrosi e ignoti silvestri cantici su cui piloti | 90 |
Note:
1 ) la conchiglia del vespero
2 ) vestiggia o traccia
Nessun commento:
Posta un commento