(Aprile-Maggio 1987)
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Commedia per quattro personaggi.
Come nelle macchine ogni pezzo è indispensabile a colmare le carenze o per controbilanciare inconvenienti diversi, i sacrifici vedici riesprimono le qualifiche dell’anima. Presentando al discepolo Vyasadeva le glorie di sri Krishna, il maestro Narada scorre la narrazione dei passi nel proprio ritrovamento dell’ l’Anima suprema. La legge unica ed iniziante è il servizio di devozione ininterrotto a sri Krishna, che Krishna Stesso infonde con il suono del Proprio flauto da cui Brahma insegnò a Narada, a suo tempo, in qualità di padre spirituale (versi 16-21). Narada era il figlio di una inserviente al cui uscio bussarono i Bhaktivedanta, i “messer saggi”del verso 240; all’età di soli cinque anni, Narada li ascoltò con diligenza; i savi andarono quindi via dopo la stagione delle piogge. Alla morte della madre Narada, memore degli insegnamenti ricevuti, prese la via del nord, passando di provincia in provincia fino all’Himalaya, dove in riva ad un lago e sotto un albero di baniano si mise a meditare su sri Krishna nella forma di Vishnu. La trama è tratta integralmente dal capitolo sesto nel canto primo dello srimad –Bhagavatam. | ||
Nunzio (Suta)
L’utile delle carceri lo è come
sta per la parte, di macchine chiuse: quale necessità che ci si pone; | 3 | |
così, son leggi in questo mondo, use atte guidar dalle forze del male, via dal male augurar, che noi confuse. | 6 | |
Legge non è, senza malanno uguale, la legge vuol che quel male si cura, senza male non sta legge che vale. | 9 | |
La relatività, per cui si cura con leggi il male e in medicine il viro dona, ai Veda, il valor di lor natura. | 12 | |
Alto è il valore, ed il suo Autor più miro ancor del mondo e ragioni terrene per cui molto curar di troppo giro; | 15 | |
più chiare e dive, e d'armonia più piene le leggi stanno o: la Legge, Che è sola, Qual volge il Suon de mondi, che sostiene. | 18 | |
E' pura offerta, e udir di Dio Parola; su questo Suono, si tengano i mondi; tale legge ora vuol rifar noi scuola. | 21 | |
Come sri Vyasa, da’pensier secondi amici e fausti, del maestro apprese, della sua storia, a’ riguardi più fondi | 24 | |
fino a Vishnu nel cuore, gli richiese come fosse salito e come in chiaro fulgesse del Saper che onesto intese. | 27 | |
Narada:
“Sri Krishna Sire Che, nel mondo, raro
e assente appare, il più che ci si esclude
e più servendo Lui di più Ne imparo,
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vidi esser dovunque, che, sapute sono le verità, da sempre amate al di sopra del ciel che noi racchiude.” | 33 | |
Suta(gosvami)
Così rispose, quel divino vate
Narada muni, il nunzio dello stato ove che, cittadin, vo’ tutti state. | 36 | |
srila Vyasadeva
“Il tempo dispersor, qual disser: “fato"
annienta sempre, nel suo corso, al moto per quella progression da cui è provato: | 39 | |
come si fa, che, a un pensiero devoto, tornano ancora i ricordi ben vivi del suo sperimentare e del tuo voto? | 42 | |
Suta(gosvami)
Così poneva i quesiti retrivi
a Narada Muni, srila Vyasadeva pel cui buon consigliar malori schivi. | 45 | |
Narada
Narada ji, che innanzi a lui vedeva
il futuro, il passato e ciò che muta, disse: “Saprai quello che a me accadeva”. | 48 | |
“La grazia di sri Hari, che mai è perduta, volle da me, da un infante, nel mondo, 'l lator della Bontà Che più è saputa. | 51 | |
Tutto riverte d'orbitare tondo e ciclo volle il dipartir di quegli che, nel saper di Lui, fecer mé fondo. | 54 | |
Lustro di grazia, mentre fresco vegli per imparar le vie degli anni innanzi, su’ toni vissi, qual dono, più begli. | 57 | |
La lingua innata, sui cui ritmi danzi, fu mezzo d'armonia per me, e d'ascolto pel cui quieto ritmar, solenne, avanzi. | 60 | |
La clemenza, che sola è a durar molto, rese me, grazie ai savi e a' lor racconti, dato al Signore mio, da Cui, io, or, son volto. | 63. | |
Io era un pargoletto, e d’altre fonti più non avea che que' savi e devoti; dall'altra, madre mia, perché congionti. | 66 | |
Unico figlio che memoria annoti aveva me, per la sorte già data che, al previsto alternar, rivuol che ruoti. | 69 | |
L’idea prima genial, che, ai dotti,è grata, è della sorte, qual favor nascoso che, del Genio neutral, ridonda afflata. | 72 | |
Per qualità felici, è il più famoso, da Lui soltanto, ogni felice ha luogo, felice sei scoprendo Lui a ritroso. | 75 | |
Il Verbo primordial, qual disser: “Logo”, predestinò mi' mamma a una faccenda quali, al mondo di qua, sonan dappoco. | 78 | |
L’ora era fatta quando, ella, intenta ad andare per mungere una vacca, fu morsa da un serpente, il ch’io rammenta. | 81 | |
Il corso progressor che i cuor distacca rese così me privo del sostegno che il vero confidar pospone e fiacca. | 84 | |
Io vidi il fatto a un superior Congegno; fido mi feci in su la via del monte, devoto d'un Voler, Cui il mondo è pregno. | 87 | |
Il lieto confidar, che ha Iddio per Fonte, faceva a me vedere la conferma del perché avvicinar, del Suo orizzonte | 90 | |
e quanto è grato udir la Voce interna, seguire il Suo Voler, Consiglio e Medio, e, servendo, capir che è di Lanterna. | 93 | |
Il tempo assalitor, che pone assedio e la città di nove porte invecchia, scandiva per ritmar, sul il mio rimedio | 96 | |
quella beltà che ogni coscienza specchia, quando segui il Disir de’ Su’ favori, dinanzi avevo a me, da me parecchia. | 99 | |
Permeato e ricco degli eccelsi onori, ivo per campi, torri, gualdi e fiere, cave, rocche, città, sobborghi e fori, | 102 | |
vivai di piante, semenzai, miniere, industrie ed arti espresse, opere fini, su cui lieto è il passar delle vie vere. | 105 | |
Ivo per pievi, poggi, bei giardini, terre provvide in oro, argento e rame ed acque adorne di loto sublimi | 108 | |
glorie gaudenti, superior, sovrane degli esseri celesti, a lor dovute come il sommo regnar che lor rimane; | 111 | |
api ronzanti e sirenanti acute d’uccelli vari e multipinti, a penne attestanti il Fautor Che l’ha compiute; | 114 | |
seguendo inoltre, quel mio andar convenne per molti boschi pieni d’irte canne d’intreccio fitto, che il gir non trattenne, | 117 | |
selve che fosche e fiere belve, tranne colui che è a un tempo in cui Krishna lo esige, già trafitto l’avrean sotto due zanne. | 120 | |
La prima idea d’ogni sembiante effige faceva me veder di là i perigli, trascendendo il gravar, che al mondo vige. | 123 | |
Ignaro 'secutor de’ Suo’ consigli incedevo ormai stanco, che, la mente, il corpo riflettea de’suo’ scompigli, | 126 | |
fino a che scorsi un lago, che, sirvente a confortar co’ mezzi in sua natura dette pienezza a me, che, in lei, è presente. | 129 | |
Come l’eterna idea che Dio ci ha in cura di già amica ed, in me, ben viva torna, sì vidi io la bontà che più ci è pura. | 132 | |
Simile a un dì che frate sole aggiorna al principiar di un nuovo ciclo ancora, nasceva vita mia, che lume adorna. | 135 | |
Nell’arco dell’età di giovin ora, meditavo felice e conoscente nell’amica bontà, che ognun rincuora, | 138 | |
quando, sul suol d’impronta umana esente sotto un baniano meditavo grato perché grato vedei come Ei consente, | 141 | |
poiché ogni aver che si ha di più è cercato, io, meditando, lagrime scendeva, come è d’uso a un laudar d’Amor già amato". | 144 | |
Suta(gosvami)
"Quale i raggi del sol, quand’ei si leva
giocan fra i rami, per la fase nova, nell’innovata età che, il giorno, aveva, | 147 | |
così la Luce eterna Si ritrova
in Naradaji, per l’Anima suprema, quale primario Amor che vita prova. | 150 | |
La pura devozion che appelli “prema” consente, a desiderio, l’apparire dell’insigne Fattor Che i ciel sistema; | 153 | |
qual fonte primordial da Cui sentire dissipa presto ogni contraria nota che, per dir dualità, dà al cor soffrire. | 156 | |
La causa somma, qua nel mondo ignota, scomparve allora dai miei occhi, e io stetti come chi perde il Ben Cui, il cuor, si vota. | 159 | |
Poiché d’un ben di già goduto aspetti che torni tuo, perché tuo fu in passato, e, a rivolerlo a te, di più non smetti, | 162 | |
l’oggetto del pensar che più è pensato rivolli a me, quale bene integrante di un affetto creator di già mai nato. | 165 | |
Sai che il Valor d’ ogni beltà sembiante non puoi volerlo se anche Lui non vuole farSi veder da noi, ver noi dignante. | 168 | |
Le anime, perse, senza Lui, son sole, così divenni triste, come perso che, volendo trovar, guardar non pole. | 171 | |
Per Dio supremo alla ricerca immerso perquisivo il mio cuore, con l’intento d’invenirvi il Valor di cui è ogni verso; | 174 | |
sovra ogni sloka, il celebrato accento verte su Lui, Che è il Signore sovrano d’ogni scritto laudar ch’io, qua, rammento. | 177 | |
Come il sommo Dator dal mondo arcano me struggente osservava, in quel romito, mi sussurrò, di buon gradire e piano": | 180 | |
sri Vishnu
“Narada mio, felicemente unito
che con Me fosti, in questa vita ancora più mirar non potrai dove Io son sito. | 183 | |
La vista Mia, che l’anima ristora altri non pol bear se non chi serve la Vita senza età Che, in lui, dimora. | 186 | |
Il felice augurar, qual teco ferve, consente a te di quei pregi a far puri per l’immenso fornir che in Me ha riserve. | 189 | |
Tale regnar che, in provveder, smisuri toglie il gusto, talor, persin da Lui Che fu eccelso piacer, di cui or ti curi; | 192 | |
l’anima, onesta e memore, per cui resta il ricordo immacolato e chiaro, ben persevera, in cuor, que’ pensier sui. | 195 | |
Quel buon servir che, in questo mondo, è raro, lo spirito sarà del tuo pensare, quale certo è tutor che è a noi riparo.” | 198 | |
La Verità che a chi è coerente appare, devoluto a servirla qual si porge, quale linda Realtà, Cui vuol guardare, | 201 | |
poi che chi vuole andar la Meta scorge, Lui chiede pregio, per donarsi intera, che è il latente accettar pel qual si sorge. | 204 | |
La perla avvolta è già presente e vera, la forma pura è già nascosta e ignota e il devoto scultor la dà qual era. | 207 | |
La Sua maestà, Che ogni realtà fa mota, è presente nel cuor di già compagna che, l’artista scultor, ri rende nota. | 210 | |
Scolpendo il marcio via che là ristagna il savio errante l’evidenzia tale quale è un Bene già suo, che, in cuor, guadagna. | 213 | |
Così, servendo il mutuo Autor causale, il Suo devoto, a Lui che non necesse, corrisponde l’amar che i mondi avvale; | 216 | |
le provvide amistà, da lui sì spesse, si svelorno a Narada, egli intuiva come clemente è il sir di Cui intellesse. | 219 | |
L’intelligenza di peccato priva riadduce l’alma per la via beata che, già felice in sé, per lei ora arriva; | 222 | |
l’intelligenza, provvida donata, è quella grazia per cui Hari Si svela; la grazia là, non ti sarà levata. | 225 | |
sri Vishnu
“Il tempo roditor, che qua sfacela,
non toglierà la tua eterna affezione di già perpetua in cuor che, al cuor, si cela". | 228 | |
Narada
"Le alterne età non sottraggan persone"-
disse sri Vishnu- "nel futuro, al caso in cui inizio mai fu, di relazione". | 231 | |
Quindi si tacque, quale onor rimaso che, in sua natura, mai sfugge o scompare e di cui, in suono, è già il mondo pervaso. | 234 | |
La sua funzion che, per realtà, è graziare la riconobbi grato e porsi omaggi distinguendo bontà che, qua, non pare. | 237 | |
Quel Dio che è immenso e dai clementi raggi Lo ricercavo con pensiero intenso, quale appreso l’avea da’ messer saggi. | 240 | |
I Nomi Suoi, per quel valore immenso, celebravo così, con le Sue glorie trascurando l’errar di ogni altro senso, | 243 | |
riannoverando delle Sue memorie peregrinavo per la terra intera quale parte e cantor delle Sue storie; | 246 | |
Pel buon voler che ogni pio cuor si spera e in umiltà pensoso al Suo piacere per l’onestà, che fa un’impresa vera. | 249 | |
Nel giusto ragionar delle pie sere rivedi, al giorno, il coincidente aiuto pel fortuito ausiliar che ha ogni dovere; | 252 | |
Vishnu Che ha, al fatto, un’armonia voluto conciliando ogni ciclo ad un talento, tira le somme e l’or che ha il dì compiuto. | 255 | |
Al nodo congiuntor, che è già un momento, convive, Fonte, il Suon Che mosse i gravi Che fa esatto il ritmar di un firmamento, | 258 | |
gli atti divini, d’equilibrio e savi rendano pronti con la morte insieme come lume a un baglior che in ciel si cavi. | 261 | |
Quel giusto destinar che qua si teme rese a me dono di un corpo perfetto quale medio sensor di un ben che preme; | 264 | |
quel Genio, Autor d’ogni docente effetto tolse da me così ogni gusto ingrato che la vita ridà del ben disdetto. | 267 | |
Al vespro, estremo, decadente e ombrato quando Narayana sul mare giacque Brahma rientrò su Lui, col suo creato | 270 | |
e anch’io con lui, mentre che il suon si tacque del concerto che intona più strumenti, come certo è il finir, per quel che nacque. | 273 | |
Quale artista unitor Che fa elementi dati da Dio sovrano, belli accanto da minuto inventor dei Suoi frammenti, | 276 | |
così intonava quel sublime canto sri Brahma ji, da Lui in meditazione quale è medio fautor, d’Autor più santo. | 279 | |
Dopo il risveglio che il dover ci pone, parve il saggio Marici ed Atri, e Angira, e pur’io venni, per nuova funzione; | 282 | |
quel Fornitor Che ogni comporre ispira dona a noi l’estro per creare e tutto riflette il compensar che da Lui gira. | 285 | |
E’ grazie a Lui, se ogni voler dà frutto, così, ora, ovunque, per Vaikuntha viaggio dovuto al servir mio, che, a Lui, è riaddutto. | 288 | |
Per l’energia che di Sorgente è raggio potèo cantare in quel sublime accento che perpetuo è innovar del Suo messaggio; | 291 | |
qual medio avevo il singolar strumento che Hari mi dette, dalle sette note poste a cantar di Lui, nel firmamento; | 294 | |
la Potestà, Qual ciò che vuol ben puote, veniva, allora, in me Qual nunzio grande di ritorno al laudar d’ogni Sua dote; | 297 | |
la Conoscenza Che, perenne, espande, ricambia sempre que’ cantor di Lei, soverchiante il valor di lor dimande. | 300 | |
E’ vero, sì, che il praticar di quei che sé convergan nel domar le voglie ben ripulisce il cuor de’ sensi rei, | 303 | |
ma, di servigio e devozione spoglie e solo istesse a ralleviar converse, mai satisfano il sé, qual Dio riaccoglie. | 306 | |
Iddio unitor, Che l’isperar riaperse ci volse servi, nuovamente, e lieti Quale Padre e Tutor di figlie sperse. | 309 | |
Suta altern. Narada
“Sri Vyasadeva, a te non ho segreti-
-disse Narada a Vyasa che l’udiva- quel che hai ascoltato è il ben di cui or mi chiedi.” | 312 | |
Suta (gosvami)
“Come Narada, quell’insigne jiva
a Vyasadeva sì a narrar si fece della storia di cui or, che il cuor ravviva, | 315 | |
poiché riadduce a Dio ogni giusta prece sulla sua vina abbandonò la terra grazie al fido Gloriar, Che a Lui fa vece. | 318 | |
Narada
“Quale affranto nautor che legno afferra
sì è ben sicuro che dell’onde è illeso sul mare material, pel qual ci s’erra, | 321 | |
aveo la vina in per le mani preso atta a guidarmi a gran porto e buon molo per le glorie di Hari, che adesso hai appreso". | 324 | |
Suta (gosvami)
Quale al nautico attor, sull’alto polo
una stella ben fissa è sempre amica perché ferma è a guidar, sul giusto suolo, | 327 | |
mentre ogni andar che stella mota indìca non dice il vero, se nasce o se muore, mai non valora lui, di sua fatica. | 330 | |
Di questo mondo, il consigliar maggiore è quello fisso, che te mai diserta e che confronti al pol... ch’ hai tu nel cuore; | 333 | |
la relazione più longeva e certa è con l’eterna tua Anima suprema Che, dal superno pol, di Sé fa offerta; | 336 | |
relazionando senza incerta tema, di te fai dono al perenne Compagno come il natante alla Dimora estrema. | 339 | |
Naufraghi e immersi nel terreno bagno, rivolgiamo a Narada i nostri omaggi, quale vita e valor del morto stagno; | 342 | |
fra i celebrati e rilevanti saggi, canta e fa pregio delle laudi a Dio Che riaspetta i nautor, che, il mondo, ha ostaggi; | 345 | |
considerando tali fatti, io seguo le sue orme ravvivanti e i toni volti a detta Entità Che, in cuor, disponi. | 348 |
Narada Muni e srila Vyasadeva
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