La Campana




(Marzo 1989)


Un marinaio che vede tramontare il sole normalmente osserva evocare nella memoria le immagini ed il calore della casa natia in un modo vago, mesto e sentito. Questa è la situazione di chi, ogni sera, ode le campane del vespro. E' un richiamo; la nebbia copre la valle sottostante ed emerge solo il rintocco; è un appello fidato e conosciuto a riportare la mente alla situazione d'inizio, con la nostra Famiglia. Poi viene la notte ed il mare dell'ignoranza, la nebbia, riempie l'avvallamento tutto fino alle cime dei colli o quasi. Al di sopra dei nostri cicli di dualità fra notte e giorno, fra solstizi opposti e intermittenze alterne, nel cielo priore ove tutto si muove non per la necessità ma per la devozione libera, il dì è trascorso servendo in separazione, entusiasmati dall'incontro iniziale con il Giovanetto blu ed in attesa di offrirGli interiormente gli omaggi, alla sera. In ogni tempio di Krishna, ambasciata di Goloka fra noi, i devoti seguono il programma medesimo di cominciare con un incontro reverente, servirlo in separazione, e riottenerlo alfine, così nel quotidiano, come nella giornata più ampia di questa vita.



Al vespro suona una campana, al poggio
ed io, falciando, vedo alla sua torre
e al sommo invito del paterno loggio;

la psiche mia, che a navigar incorre,

stenta ogni verso in approdare a Lui,
porto su estremo cui conviensi porre;

campana, soni co' racconti tui

di quell'antica fortezza lasciata
e i familiari in la magion che fui,

Ogni richiamo torni, a la serata

quando di Krishna l'esular ne accorge
come al natante è la casa sua innata.
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Mentre il dì chiude e nostalgia rinsorge

la pia campana tona nella valle
e ad ogni pieve su cui il suon si porge.
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Pendo la falce e porto l'erbe in stalle;

il sole scema e già la nebbia copre
come fa il mare a le immanenti opre.
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Una conchiglia eccheggia al dì che pone

Krishna e i vitelli tornano a dimora,
trionfa il corale, dopo il far che sone;
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le gopi, schive, all'anelata ora

guardan venir Krishna e i vitelli a loro,
e i Suoi devoti, nell'empireo coro.
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Di tutto il giorno il meditato insieme

ci corrisponde in supportato incanto
e l'artik funge come far conviene,
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così alle gopi , la mattina, è tanto,

quando vedan sri Krishna di già desto
e il puro ascolto profondito presto.
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Pregne del nettar del vistato prince

volgan pensieri per l'interno die,
finché di rubro, Surya, non ristinge.
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"Per tutto il dì glorificato sie!"

fonde nell'opre, in prio mattino, a corte
e al Bimbo amico Che le fa sì assorte.
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Di questa vita limitata e a corsi

che noi passiamo a mareggiar né fini,
gli anni nei kalpa, i dì negli anni, a sforzi,
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piacciaci ancor che in su' modelli primi

delle gopi facessimo l'impronte,
nei cicli alterni, ma da pura fonte.
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La vita inizia e a gurukula apprendi

del Giovanetto blu Che i bovi allerte
e il buon servire che in pietà riintendi,
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genera età, che fai ad amar solerte,

posta sei e propria a ben versar sé stessi
e gli entusiasmi da natura messi.
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Nova è vecchiaia e come al por del sole

al por del lume tocca la campana
corante il gir che il marinaio suole;
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come l'infante al rimembrar s'intana

in nostalgia torna l'età suprema,
quale all'aurora tale all'ora estrema.
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O Prabhupada, cui vi debbo il canto

d'aver servito la missione più alta
e verità ch'io rivelavo intanto,
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il mio pagar mai al sufficir vi esalta,

da voi ebbi grazia di capir quei toni
e un campanil da' trascendenti suoni.
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